Una conversazione tra ALMARE, Silvia Tarozzi, Deborah Walker ed Emiliano Paoletti, direttore del Polo del ‘900, in apertura al concerto a Torino del 13 gennaio 2023
Da circa vent’anni, Silvia Tarozzi e Deborah Walker sperimentano le potenzialità timbriche dei loro strumenti (viola e violoncello) e della voce, ricorrendo ad elementi melodici ispirati al canto tradizionale del nord Italia. Canti di guerra, di lavoro e d’amore (Unseen Worlds) unisce musica classica contemporanea improvvisata e musica popolare: il disco reinterpreta le canzoni dell'Emilia rurale, un repertorio sorto nel corso dei lunghi decenni di lotte sociali combattute dalle donne operaie, così come durante gli anni della Resistenza. Nella musica di Tarozzi e Walker le canzoni emergono attraverso suoni lontani dalla tradizione, radicati nella sperimentazione musicale contemporanea: questa combinazione di elementi sonori fortemente contemporanei al canto popolare dialettale vuole porsi in continuità con una linea di resistenza femminile e femminista, che risplende nel potere evocativo delle voci delle lavoratrici e dalla forza della loro esperienza di vita comunitaria. Il concerto organizzato da ALMARE e SØVN il 13 gennaio 2023 ed ospitato dal Polo del ‘900, si è aperto con una conversazione tra ALMARE, le musiciste e Emiliano Paoletti, direttore del Polo del ‘900, approfondendo il portato storico e sociale di Canti di guerra, di lavoro e d'amore.
La storia delle donne e in particolare la storia delle donne che provengono dalla classe lavoratrice, è stata a lungo sottovalutata dalla storiografia ufficiale, relegata allo statuto di cosa, per l’appunto, “di genere”. Un’appendice, un accessorio della grande storia, o nel migliore dei casi, quando si ammette un certo pluralismo di punti di vista, un accessorio delle grandi storie maschili. La storia delle donne della classe lavoratrice è una grande storia corale, tramandata grazie a migliaia di voci che sono riuscite a sottrarsi al rischio di rimanere inascoltate soltanto trovando modi di ascoltarsi tra loro. Non lette, non viste, perché la maggior parte delle donne di cui parliamo erano analfabete e non hanno avuto accesso alla scrittura, le donne delle classi lavoratrici hanno creato e tramandato numerosi canti, lə cui destinatariə principali erano le stesse donne lavoratrici; perché la finalità di quei canti era sostenere il lavoro in casa o nei campi, nelle risaie, poi le lotte sindacali e poi la resistenza. Sostenere nel senso - letterale - del dare un ritmo ai movimenti nelle risaie, ma anche farsi sostegno nell’amplificare un portato di conoscenza, di educazione, di pedagogia popolare auto-determinata e reciproca. È una storia per lo più legata all’oralità: come si conserva una parola pronunciata e non scritta?
Nel 1877, l’invenzione del fonografo rivoluziona le nostre possibilità di ascolto, ma per molto tempo, la registrazione non è stata esattamente una tecnologia user friendly. Succede qualcosa, o meglio, ci si può rendere conto del fatto che stesse succedendo qualcosa, negli anni ‘60 del ‘900: pensiamo, ad esempio, all’utilizzo del magnetofono nelle indagini di Nuto Revelli, Ernesto De Martino, le conversazioni di Carla Lonzi, i docudrammi radiofonici sul campo di Giorgio Bandini. Già nel 1964, Gianni Bosio scrive Elogio del Magnetofono, che considera lo strumento necessario per “armare le masse della loro stessa forza”. E prima? Come si tramandava l’oralità, prima della “democratizzazione” della registrazione? In Voci: storia di un corredo orale, Alice Mammola scrive che la trasmissione dei canti popolari, di generazione in generazione, ha rappresentato una vera e propria “staffetta contro il silenzio”; e, come recita il titolo del libro, “una sorta di corredo orale” di saperi di cui “il mondo femminile storicamente si è fatto depositario e custode”. Gli albori della registrazione di massa, per così dire, coincidono con gli albori della scolarizzazione di massa. Oggi, nel nostro paese, l’analfabetismo strumentale (ovvero assoluto) rappresenta un problema relativo. Quanto alla registrazione, forse il problema è diventato sottrarsi ai numerosi dispositivi di registrazione che incontriamo nelle nostre giornate. Nondimeno, un progetto come Canti di guerra, di lavoro e d’amore possa esser letto può costituire, seguendo la bella definizione di Alice Mammola, un altro pezzo del corredo.